Nel campo dell’otorinolaringoiatria, uno dei disturbi che più spesso possono coinvolgere l’organo dell’udito è rappresentato dall’otite esterna: si stima che circa il 10% delle persone avrà un episodio di questa patologia nella vita, nella maggior parte dei casi (circa nove volte su dieci), in forma acuta.
Questo problema di salute, solitamente più frequente nel periodo estivo, può colpire a tutte le età, anche se risulta particolarmente frequente in bambini e adolescenti, senza particolari distinzioni di genere.
Scopriamo quindi di cosa si tratta, le cause che ne determinano la comparsa, la sintomatologia con cui si manifesta e, soprattutto, le strategie di cura e i consigli per la prevenzione.

Cos’è l’otite esterna

L’otite esterna è una infiammazione che interessa l’orecchio esterno e, in particolare, il condotto uditivo esterno, cioè la struttura tubolare che va dal padiglione auricolare alla membrana del timpano. Solo in alcuni casi il processo infiammatorio arriva a coinvolgere anche il padiglione o la membrana stessi. In genere si presenta monolateralmente, cioè interessa un solo orecchio alla volta.

Se ne distinguono sostanzialmente due forme: acuta, che dura meno di sei settimane, o cronica, se permane oltre tre mesi.
Una particolare forma, nota come otite esterna maligna o necrotizzante, invece, rappresenta una complicanza cui possono andare incontro soggetti con le difese immunitarie compromesse e pazienti con diabete: l’infiammazione, per lo più di origine infettiva, dal canale uditivo si estende fino a raggiungere l’osso temporale, mettendo a rischio la vita.

 

Quali sono le cause dell’otite esterna

La causa principale dell’infiammazione del condotto uditivo esterno è un’infezione, più spesso imputabile a batteri (in particolare lo Pseudomonas aeruginosa e lo Stafilococco aureo) o, anche se meno di frequente, a funghi (come la candida o l’aspergillo). Non sono invece generalmente coinvolti agenti infettivi virali.

La conformazione del condotto uditivo esterno contribuisce, in parte, a renderlo un ambiente “ospitale” per batteri e funghi: rivestito da un sottile strato di pelle, è caldo e può diventare facilmente umido. Inoltre, per il primo terzo è costituito da cartilagine mentre i restanti due terzi sono ossei: alla giunzione della cartilagine e dell’osso c’è una curva che ostacola l’uscita verso l’esterno di detriti, secrezioni e corpi estranei.

Il canale è però dotato di una serie di meccanismi protettivi: la parte cartilaginea è infatti ricoperta da follicoli piliferi e ghiandole che producono cerume. Quest’ultimo, ricco di grassi, è idrofobo e impedisce quindi all’acqua di penetrare nella cute e macerarla; in più contiene sostanze che contribuiscono a inibire la proliferazione dei microorganismi. È poi presente un meccanismo fisiologico di migrazione delle cellule epiteliali dall’interno verso l’esterno, che libera il condotto da detriti cellulari, microorganismi e cerume stesso.

Ci sono diversi fattori che possono, però, ridurre le naturali difese del canale e, quindi, esporre al rischio di sviluppo di un’otite esterna, tra cui:

  • eccesso di umidità nel condotto uditivo, conseguenza, per esempio di forte sudorazione o pratica del nuoto (l’otite esterna è detta appunto orecchio del nuotatore perché dopo un bagno in mare o in piscina, l’acqua può restare intrappolata nel canale uditivo);
  • piccole lesioni, graffi e abrasioni alla pelle del condotto, di natura traumatica, la cui formazione può, ad esempio, dipendere da una scorretta igiene auricolare (pulizia eseguita con l’utilizzo di bastoncini di cotone o unghie) e/o dalla presenza di dispositivi auricolari (tamponi di cotone, tappi per le orecchie, apparecchi acustici, ecc.);
  • ostruzione del condotto uditivo (per la presenza di corpi estranei o tappi di cerume);
  • esposizione ad alti livelli di batteri(per esempio con un bagno in acqua contaminata).

Anche la presenza di malattie dermatologiche (spesso croniche) può essere la causa diretta, non infettiva, di un’otite esterna, oppure può rappresentare un fattore che apre la strada a successive infezioni. Tra queste ricordiamo:

  • dermatiti da contatto di tipo irritativo o allergico, conseguenti per esempio all’ingresso nel condotto di sostanze irritanti o a cui si è allergici, come prodotti per capelli, o al contatto con dispositivi auricolari;
  • eczema atopico;
  • psoriasi;
  • dermatite seborroica.

 

Come si manifesta l’otite esterna

I sintomi, generalmente lievi all’inizio, possono peggiorare se l’otite non viene trattata. I più frequenti sono:

  • otalgia, cioè dolore all’orecchio;
  • prurito (più frequente nelle forme fungine), eritema (arrossamento) e gonfiore del condotto uditivo;
  • otorrea, ovvero presenza di secrezioni nel condotto che possono fuoriuscire da esso. In caso di otite batterica acuta può essere presente una lieve secrezione siero-mucosa bianca, mentre in caso di otite batterica cronica possono essere presenti anche tracce di sangue; secrezioni lanuginose biancastre, ma anche giallastre o grigie, possono invece segnalare un’infezione

A seconda della gravità dei sintomi, l’otite esterna può quindi essere distinta in:

  • lieve, quando più che dolore si avverte un lieve disagio che peggiora tirando il padiglione auricolare o premendo il trago (quella sorta di sporgenza cartilaginea posta davanti al condotto); prurito, arrossamento e gonfiore nella zona del condotto sono limitati, così come modesta è l’otorrea;
  • moderata, quando tutti i sintomi si intensificano e il condotto uditivo può risultare parzialmente occluso dall’edema, determinando anche una sensazione di pienezza e di udito ovattato;
  • grave, quando il dolore è così intenso che può irradiarsi anche al volto, al collo e al capo, il rossore è esteso e il gonfiore è tale da occludere completamente il canale uditivo comportando una temporanea perdita dell’udito; compaiono anche ingrossamento dei linfonodi del collo e febbre.

Un’otite esterna acuta non trattata può diventare cronica oppure l’infiammazione può estendersi oltre il condotto uditivo (la febbre alta ne è spesso un sintomo) coinvolgendo per esempio il timpano (miringite).

Al medico è generalmente sufficiente una visita per porre la diagnosi di otite esterna: dopo l’anamnesi, cioè la raccolta delle informazioni sulla comparsa e le caratteristiche dei sintomi, sullo stile di vita (per esempio le abitudini di igiene auricolare) e la storia clinica del paziente (eventuali patologie pregresse o concomitanti, i farmaci che si assumono, compresi anche integratori di vitamine, rimedi naturali, ecc.), procederà a esaminare l’orecchio esterno (ma anche il capo e il collo) e, in particolare, a osservare con un otoscopio il condotto uditivo. Ciò gli permetterà non solo di valutare la presenza di rossore, gonfiore, otorrea, ma anche di controllare le condizioni del timpano, se il gonfiore non è tale da impedirne l’esame, e di escludere o meno la presenza di una eventuale lacerazione o perforazione. Se la visione del timpano è ostruita da detriti potrà eventualmente procedere alla loro aspirazione. Se lo ritiene necessario il medico può anche richiedere ulteriori esami, come un tampone auricolare, cioè un prelievo di secrezioni dell’orecchio da sottoporre a coltura in laboratorio per individuare il microrganismo responsabile (spesso tale esame è richiesto se l’eventuale infezione non risponde alla terapia iniziale).

 

Come curare l’otite esterna

La pulizia del condotto, eseguita generalmente dal medico con uno strumento che consente l’aspirazione di detriti e secrezioni, oltre che durante la diagnosi è utile anche per favorire l’azione dei farmaci prescritti per la cura. È generalmente da evitare, però, il lavaggio del condotto, tanto più se non si riesce a esaminare correttamente il timpano, che potrebbe essere lacerato o comunque indebolito e quindi a rischio perforazione, perché in caso di rottura timpanica, il lavaggio potrebbe danneggiare le strutture dell’orecchio medio.
La terapia prescritta dal medico è, infatti, principalmente topica e prevede l’uso di gocce da instillare direttamente nel canale uditivo; se il condotto è ostruito dal gonfiore, le gocce possono essere veicolate mediante uno stoppino di garza inserito nel condotto dal medico e in genere rimosso dallo stesso dopo alcuni giorni, quando il gonfiore si è ridotto. Non bisogna comunque assumere gocce otologiche senza aver prima consultato il medico, perché potrebbe essere presente una lesione timpanica che può controindicarne l’impiego.

La terapia locale dipende dalle caratteristiche dell’otite e può sfruttare diversi principi attivi anche in combinazione tra loro. In genere per le forme batteriche acute non complicate ci si avvale di antibiotici, a volte anche combinati a steroidi, che aiutano a ridurre infiammazione, gonfiore e dolore, mentre si usano antimicotici in caso di otite imputabile a funghi.
Soluzioni acide (a base per esempio di acido acetico), con azione antisettica e di ripristino del normale ambiente antibatterico dell’orecchio, possono essere impiegate nelle fasi precoci dell’otite e/o a completamento del trattamento.

In genere le gocce vanno instillate nell’orecchio colpito più volte al giorno (secondo le indicazioni del medico), meglio se da un’altra persona. È opportuno stare sdraiati su un fianco con l’orecchio sollevato per alcuni minuti per favorire l’assorbimento dei farmaci e, per aiutarne la distribuzione lungo tutto il canale, può essere utile manipolare il trago. Se non si riesce a stare fermi un tempo sufficientemente lungo per garantire l’assorbimento dei principi attivi, può essere eventualmente utilizzato un piccolo tampone di cotone inumidito con il farmaco, per trattenerlo nell’orecchio.

Per la gestione del dolore può essere eventualmente consigliata anche l’assunzione, per bocca, di antidolorifici da banco, per lo più antinfiammatori non steroidei (FANS), che combattono infiammazione e dolore.

Solitamente, in assenza di complicazioni, si dovrebbero sperimentare i primi segni di miglioramento entro 48 ore dall’inizio della terapia antibiotica topica (in caso contrario è bene sottoporre l’orecchio a un nuovo controllo medico), anche se per la risoluzione completa nella maggior parte dei casi ci vogliono circa 7-10 giorni.

Per i casi più seri o che non rispondono al trattamento nell’arco di alcuni giorni o, ancora, in caso di sospette complicanze, è possibile che il medico di famiglia indirizzi il paziente a specialisti in otorinolaringoiatria, che potranno valutare altre opzioni terapeutiche.

 

Come prevenire l’otite esterna

Per prevenire un’otite esterna, in particolare le recidive, occorre cercare di evitare o per lo meno limitare, per quanto possibile, quei fattori che aumentano il rischio di sviluppare l’infiammazione del condotto. Per esempio è utile:

  • in caso di prurito all’interno del condotto uditivo, evitare di grattarsi;
  • non rimuovere il cerume con unghie, bastoncini cotonati o altri oggetti in quanto si rischia di spingere più in profondità il materiale (favorendo la formazione di tappi) o di irritare o lesionare la pelle del condotto;
  • mantenere asciutto l’orecchio. Chi pratica regolarmente sport acquatici dovrebbe proteggere le orecchie dall’acqua indossando una cuffia da bagno aderente, mentre sono sconsigliati i tappi impermeabili in quanto possono irritare il condotto. In generale, inoltre, dopo il bagno è bene procedere a un’asciugatura accurata: si inclina la testa di lato per favorire l’uscita dell’acqua, con un asciugamano si tampona delicatamente solo il padiglione, mentre per il condotto meglio usare un asciugacapelli alla più bassa temperatura e tenuto ad una spanna all’orecchio; a scopo preventivo, dopo i bagni può essere consigliata anche l’instillazione di gocce acidificanti antisettiche;
  • evitare bagni in acque inquinate;
  • proteggere il condotto con un batuffolo di cotone quando si usano prodotti per capelli (come spray o tinture) potenzialmente irritanti;
  • trattare eventuali condizioni dermatologiche croniche sottostanti (eczema atopico, dermatite seborroica ecc).

Queste raccomandazioni valgono in particolare per i soggetti immunosoppressi o diabetici, più esposti a possibili complicanze.